Una domenica novembrina nel Monferrato tra vigne, storia e cibo. Una splendida gita/studio organizzata da l’enoteca Bevi con Mosca per scoprire un territorio ed una cantina che ha fatto storia con i suoi vini.
Partiti, una domenica uggiosa, da Novara con bus gran turismo dopo un’ora e un quarto abbiamo raggiunto Grazzano Badoglio a pochi chilometri da Casale Monferrato, un paesino completamente circondato da vigne. Un paesaggio incantevole anche in un giorno di pioggia spesso snobbato, ingiustamente, per la meta assai più famosa: la Langa.
Appena varcato il portone della tenuta ci si rende conto della bellezza di questo luogo. Siamo stati accolti da Luciana, l’enologa della cantina, donna di grande esperienza con una spiccata capacità di trasmettere le sue conoscenze, simpatica, e molto disponibile a fornire chiarimenti.
Ci ha fatto fare una visita della tenuta esterna per poterci raccontare, e far vedere, i vitigni della tenuta.
I loro metodi di coltura prevedono:
● diradamento dei grappoli per poter concentrare il nutrimento
● concimazione esclusivamente organica precisamente letame di pecora
● assenza di pesticidi l’erba viene tolta manualmente con passaggi anche più volte al giorno
● raccolta manuale per evitare qualsiasi stress al frutto e far partire inavvertitamente la fermentazione, rompendo gli acini
● utilizzo di lieviti indigeni. Una settimana prima della vendemmia raccolgono alcuni grappoli che spremono e lasciano fermentare naturalmente. Questo mosto verrà utilizzato nella produzione del vino per far cominciare la fermentazione. I lieviti selezionati sono sicuramente ottimi, ma uniformano un po’ il vino
● uve provenienti da un unico vigneto ma raccolte in periodi diversi, maturando in periodi diversi. I grappoli delle vigne più alte maturano prima
La produzione è prevalentemente autoctona Barbera, Freisa, Grignolino, a seguire Nebbiolo, e qualche internazionale come Chardonnay e Sauvignon Blanc.
Molto importanza viene data al rispetto del territorio rinunciando alla protezione chimica, in favore dell’ecosostenibilità.
La viticoltura nel Monferrato casalese risale al 1000, quando si cita per la prima volta il Grignolino.
Il nome Monferrato sembra derivi da una leggenda, quella di Aleramo.
I terreni del Monferrato sono marnosi calcarei, ossia argillosi con forti apporti calcarei da qui il colore bianco del terreno, che conferiscono mineralità e salinità caratterizzando le produzioni vitivinicole.
Tenuta Santa Caterina ritiene molto importante mettere la pianta nella condizione di assorbire le caratteristiche del terreno. La qualità di un prodotto non la si fa solo valutando la parte aerea ma anche quella radicale, aiutandola ad assorbire i valori nutritivi.
Prima dell’impianto, e durante tutta la vita della pianta, distribuiscono nel suolo le micorrize, complessi di funghi attinomiceti normalmente presenti nel terreno. Ne aggiungono altri per assicurare la fertilità biologica e la vitalità del terreno in modo che l’apparato radicale, ogni anno, metta radici nuove. Le radici più vecchie sono quelle che assorbono dal terreno le sostanze per quello devono rimanere vitali.
Santa Caterina nasce nel 1737 come tenuta agraria con un corpo centrale più le case dei coltivatori. Precedentemente intorno all’anno 1000 era un avamposto dei monaci benedettini dotato di cunicoli sotterranei. Nel 2000 viene acquistata dall’avvocato Guido Carlo Alleva che la ristruttura mantenendo inalterate le origini della costruzione.
Dopo il giro esterno ci siamo recati alle cantine storiche dalle quali nasce la filosofia dei loro vini, “i vini sono buoni ma migliorano con l’invecchiamento, diventando ancor più buoni nel tempo”. La caratteristica dei vini piemontesi è proprio data dalla predisposizione all’invecchiamento.
Il loro nebbiolo riposa un anno in botte grande, tre anni in tonneau. La scelta del legno influenza molto la qualità del vino. I legni americani sono pieni di vanillina, Il rovere francese è il migliore perché cresce lentamente per il freddo ed i suoi vasi sono molto più piccoli.
A seguire abbiamo avuto la fortuna di visitare il loro infernot.
Gli Infernot sono cantine tipiche della zona del Monferrato nate per la conservazione del vino imbottigliato e dei cibi. Scavate a mano nel tufo e/o arenaria scendono fino a 15 metri sotto il suolo e sono caratterizzate da una sala circolare. La caratteristica comune è l’assenza di luce e aerazione. Sono posizionate al di sotto della cantina. Venivano solitamente scavate durante l’inverno, quando i vignaioli avevano meno lavoro da fare in vigna, e la costruzione poteva durare anche tre anni. Ci sono diverse combinazioni tra scavo nell’arenaria, oppure combinazione di scavo e successiva costruzione di nicchie e sistemi di contenimento a mattoni. Esiste un circuito turistico per visitare gli infernot della zona.
Dopo un aperitivo nei loro giardini dove abbiamo degustato il Salidoro un blend di Chardonnay e Sauvignon blanc. Il nome deriva da Sali per la sua sapidità e doro per il suo colore.
Ci siamo spostati nelle ex stalle dove ci siamo seduti a tavola per pranzare e degustare i loro vini in compagnia della signora Luciana e dell’avvocato Alleva.
Location molto carina, con una calda atmosfera, ed un’ottima accoglienza dei padroni di casa.
Abbiamo degustato
con l’antipasto battuta di fassona:
● il Silente delle marne 100% Chardonnay Il grappolo intero viene pressato con pressatura soffice, fermentazione in barrique e poi affinato sulle fecce di fermentazione. Dal colore dorato, simile al Montrachet, brillante, ampio al naso banana, vaniglia, nocciola tostata, spezie, frutti tropicali. In bocca è pieno, strutturato, morbido, fine con una nota burrosa ed un finale amaricante di mandorla.
Con il primo ravioli al sugo d’arrosto:
● il Barbera superiore Vignolina 2016 , che nasce dal vigneto Podere dei Mossetti, con produzione ancora più bassa del disciplinare affinamento in botti grandi per 12 mesi. Fruttato, floreale, erbaceo, balsamico speziato, una barbera vecchia maniera ruvida, fresca con struttura ed eleganza.
● Il Barbera Setecapita 2015 100% barbera ma da vigneto esposto a sud, allevato a cordone speronato, quindi più produttivo. Affinato 2 anni in tonneau, è un vino omaggio ad un contadino che per 50 anni si è occupato di questo vigneto. con un naso totalmente diverso più pieno, cioccolato, caffè, pellame, frutta confettura. Elegante, fine perfetta coerenza naso bocca.
Con il secondo bollito misto e bagnetto verde:
● Sorì di Giul 2015 100% freisa. Un vitigno parente del nebbiolo 80% stesso genoma. Uno dei vigneti che, al momento del reimpianto è stato mantenuto, ora ha 45 anni. Raccolta manuale, macerazione di 3 settimane da uve surmature in tonneau nuove dove fa anche la malolattica, termina l’affinamento in botti grandi per 12 mesi. Erbaceo, floreale, cioccolato bianco, complesso, pieno, potente, fresco con un tannino nobile, morbido.
● Navlè 2012 nebbiolo 100% 3 anni in tonneau poi botte. Un nebbiolo atipico a naso ha sentori di ciliegia marasca, leggermente balsamico, erbaceo, speziato, morbido. Il tannino nobile spunta successivamente per pulire la bocca. Una bella freschezza che da ottima bevibilità, struttura, eleganza e persistente.
Per terminare abbiamo anche degustato il grignolino M2012.
Nel complesso una bellissima domenica autunnale in cui abbiamo scoperto un territorio ed una cantina indimenticabili, con una piacevolissima compagnia.